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Da “Hanno tutti ragione” di Paolo Sorrentino

PREFAZIONE del maestro Mimmo Repetto

 

(scritta all’aurora del giorno in cui ha compiuto cent’anni)

 

Tutto quello che non sopporto ha un nome. Non sopporto i vecchi. La loro bava. Le loro lamentele. La loro inutilità. Peggio ancora quando cercano di rendersi utili. La loro dipendenza. I loro rumori. Numerosi e ripetitivi. La loro aneddottica esasperata. La centralità dei loro racconti. Il loro disprezzo verso le generazioni successive. Ma non sopporto neanche le generazioni successive. Non sopporto i vecchi quando sbraitano e pretendono il posto a sedere in autobus. Non sopporto i giovani. La loro arroganza. La loro ostentazione di forza e gioventù. La prosopopea dell’invincibilità eroica dei giovani è patetica. Non sopporto i giovani impertinenti che non cedono il posto ai vecchi in autobus. Non sopporto i teppisti. Le loro risate improvvise, scosciate ed inutili. Il loro disprezzo verso il prossimo diverso. Ancor più insopportabili i giovani buoni, responsabili e generosi. Tutto volontariato e preghiera. Tanta educazione e tanta morte. Nei loro cuori e nelle loro teste. Non sopporto i bambini capricciosi e autoreferenziali e i loro genitori ossessivi e referenziali solo verso i bambini. Non sopporto i bambini che urlano e che piangono. E quelli silenziosi mi inquietano, dunque non li sopporto. Non sopporto i lavoratori e i disoccupati e l’ostentazione melliflua e spregiudicata della loro sfortuna divina. Che divina non è. Solo mancanza di impegno. Ma come sopportare quelli tutti dediti alla lotta, alla rivendicazione, al comizio facile e al sudore diffuso sotto l’ascella? Impossibile sopportarli. Non sopporto i manager. E non c’è bisogno nemmeno di spiegare il perché. Non sopporto i piccolo borghesi, chiusi a guscio nel loro mondo stronzo. Alla guida della loro vita, la paura. La paura di tutto ciò che non rientra in quel piccolo guscio. E quindi snob, senza conoscere neanche il significato della parola. Non sopporto i fidanzati, poiché ingombrano. Non sopporto le fidanzate, poiché intervengono. Non sopporto quelli di ampie vedute, tolleranti e spregiudicati. Sempre corretti. Sempre perfetti. Sempre ineccepibili. Tutto consentito, tranne l’omicidio. Li critichi e loro ti ringraziano della critica. Li disprezzi e loro ti ringraziano bonariamente. Insomma mettono in difficoltà. Perché boicottano la cattiveria. Quindi sono insopportabili. Ti chiedono: "Come stai?" e vogliono saperlo veramente. Uno choc. Ma sotto l’interesse disinteressato, da qualche parte, covano coltellate. Ma non sopporto neanche quelli che non ti mettono mai in difficoltà. Sempre ubbidienti e rassicuranti. Fedeli e ruffiani. Non sopporto i giocatori di biliardo, i soprannomi, gli indecisi, i non fumatori, lo smog e l’aria buona, i rappresentanti di commercio, la pizza al taglio, i convenevoli, i cornetti con la cioccolata, i falò, gli agenti di cambio, i parati a fiori, il commercio equo e solidale, il disordine, gli ambientalisti, il senso civico, i gatti, i topi, le bevande analcoliche, le citofonate inaspettate, le telefonate lunghe, coloro che dicono che un bicchiere di vino al giorno fa bene, coloro che fingono di dimenticare il tuo nome, colore che per difendersi dicono di essere dei professionisti, i compagni di scuola che dopo trent’anni ti incontrano e ti chiamano per cognome, gli anziani che non perdono mai occasione di ricordarti che loro hanno fatto la Resistenza, i figli sprovvisti che non hanno nulla da fare e decidono di aprire una galleria d’arte, gli ex-comunisti che perdono la testa per la musica brasiliana, gli svampiti che dicono "intrigante", i modaioli che dicono "figata" e derivati, gli sdolcinati che dicono bellino carino stupendo, gli ecumenici che chiamano tutti "amore", certe bellezze che ti dicono "ti adoro", i fortunati che suonano ad orecchio, i finti disattenti che quando parli non ti ascoltano, i superiori che giudicano, le femministe, i pendolari, i dolcificanti, gli stilisti, i registi, le autoradio, i ballerini, i politici, gli scarponi da sci, gli adolescenti, i sottosegretari, le rime, i cantanti rock attempati coi jeans attillati, gli scrittori boriosi e seriosi, i parenti, i fiori, i biondi, gli inchini, le mensole, gli intellettuali, gli artisti di strada, le meduse, i maghi, i vip, gli stupratori, i pedofili, tutti i circensi, gli operatori culturali, gli assistenti sociali, i divertimenti, gli amanti degli animali, le cravatte, le risate finte, i provinciali, gli aliscafi, i collezionisti tutti, un gradino più in su quelli di orologi, tutti gli hobby, i medici, i pazienti, il jazz, la pubblicità, i costruttori, le mamme, gli spettatori di basket, tutti gli attori e tutte le attrici, la video arte, i luna park, gli sperimentalisti di tutti i tipi, le zuppe, la pittura contemporanea, gli artigiani anziani, nella loro bottega, i chitarristi dilettanti, le statue nelle piazze, il baciamano, le beauty farm, i filosofi di bell’aspetto, le piscine con troppo cloro, le alghe, i ladri, le anoressiche, le vacanze, le lettere d’amore, i preti e i chierichetti, le supposte, la musica etnica, i finti rivoluzionari, le telline, i panda, l’acne, i percussionisti, le docce con le tende, le voglie, i calli, i soprammobili, i nei, i vegetariani, i vedutisti, i cosmetici, i cantanti lirici, i parigini, i pullover a collo alto, la musica al ristorante, le feste, i meeting, le case col panorama, gli inglesismi, i neologismi, i figli di papà, i figli d’arte, i figli dei ricchi, i figli degli altri, i musei, i sindaci dei comuni, tutti gli assessori, i manifestanti, la poesia, i salumieri, i gioiellieri, gli antifurti, le catenine d’oro giallo, i leader, i gregari, le prostitute, le persone troppo basse o troppo alte, i funerali, i peli, i telefonini, la burocrazia, le installazioni, le automobili di tutte le cilindrate, i portachiavi, i cantautori, i giapponesi, i dirigenti, i razzisti e i tolleranti, i ciechi, la fòrmica, il rame, l’ottone, il bambù, i cuochi in televisione, la folla, le creme abbronzanti, le lobby, gli slang, le macchie, le mantenute, le cornucopie, i balbuzienti, i giovani vecchi e i vecchi giovani, gli snob, i radical chic, la chirurgia estetica, le tangenziali, le piante, i mocassini, i settari, i presentatori televisivi, i nobili, i fili che si attorcigliano, le vallette, i comici, i giocatori di golf, la fantascienza, i veterinari, le modelle, i rifugiati politici, gli ottusi, le spiagge bianchissime, le religioni improvvisate e i loro seguaci, le mattonelle di seconda scelta, i testardi, i critici di professione, le coppie lui giovane lei matura e viceversa, i maturi, tutte le persone col cappello, tutte le persone con gli occhiali da sole, le lampade abbronzanti, gli incendi, i braccialetti, i raccomandati, i militari, i tennisti scapestrati, i faziosi e i tifosi, i profumi da tabaccaio, i matrimoni, le barzellette, la prima comunione, i massoni, la messa, coloro che fischiano, coloro che cantano all’improvviso, i rutti, gli eroinomani, i Lions club, i cocainomani, i Rotary club, il turismo sessuale, il turismo, coloro che detestano il turismo e dicono che loro sono “viaggiatori”, coloro che parlano “per esperienza”, coloro che non hanno esperienza e vogliono parlare lo stesso, chi sa stare al mondo, le maestre elementari, i malati di riunioni, i malati in generale, gli infermieri con gli zoccoli, ma perché devono portare gli zoccoli? Non sopporto i timidi, i logorroici, i finti misteriosi, i goffi, gli svampiti, gli estrosi, i vezzosi, i pazzi, i geni, gli eroi, i sicuri di sé, i silenziosi, i valorosi, i meditabondi, i presuntuosi, i maleducati, i coscienziosi, gli imprevedibili, i comprensivi, gli attenti, gli umili, gli esperti, gli appassionati, gli ampollosi, gli eterni sorpresi, gli equi, gli inconcludenti, gli ermetici, i battutisti, i cinici, i paurosi, i tracagnotti, i litigiosi, i superbi, i flemmatici, i millantatori, i preziosi, i vigorosi, i tragici, gli svogliati, gli insicuri, i dubbiosi, i disincantati, i meravigliati, i vincenti, gli avari, i dimessi, i trascurati, gli sdolcinati, i lamentosi, i lagnosi, i capricciosi, i viziati, i rumorosi, gli untuosi, i bruschi, e tutti quelli che socializzano con relativa facilità. Non sopporto la nostalgia, la normalità, la cattiveria, l’iperattività, la bulimia, la gentilezza, la malinconia, la mestizia, l’intelligenza e la stupidità, la tracotanza, la rassegnazione, la vergogna, l’arroganza, la simpatia, il doppiogiochismo, il menefreghismo, l’abuso di potere, l’inettitudine, la sportività, la bontà d’animo, la religiosità, l’ostentazione, la curiosità e l’indifferenza, la messa in scena, la realtà, la colpa, il minimalismo, la sobrietà e l’eccesso, la genericità, la falsità, la responsabilità, la spensieratezza, l’eccitazione, la saggezza, la determinazione, l’autocompiacimento, l’irresponsabilità, la correttezza, l’aridità, la serietà e la frivolezza, la pomposità, la necessarietà, la miseria umana, la compassione, la tetraggine, la prevedibilità, l’incoscienza, la capziosità, la rapidità, l’oscurità, la negligenza, la lentezza, la medietà, la velocità, l’ineluttabilità, l’esibizionismo, l’entusiasmo, la sciatteria, la virtuosità, il dilettantismo, il professionismo, il decisionismo, l’automobilismo, l’autonomia, la dipendenza, l’eleganza e la felicità.

 

Non sopporto niente e nessuno.

Neanche me stesso.

Soprattutto me stesso.

Solo una cosa sopporto.

Le sfumature.

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Da “La febbre”

Amore dopo Amore

Tempo verrà
in cui, con esultanza,
saluterai te stesso arrivato
alla tua porta, nel tuo proprio specchio,
e ognun sorriderà al benvenuto dell’altro
e dirà: Siedi qui. Mangia.
amerai di nuovo lo straniero che era il tuo Io.
Offri vino.Offri pane.Rendi il cuore
a se stesso, allo straniero che ti ha amato
per tutta la tua vita, che hai ignorato
per un altro e che ti sa a memoria.
Dallo scaffale tira giù le lettere d’amore,
le fotografie, le note disperate,
sbuccia via dallo specchio la tua immagine.
Siediti. E’ festa: la tua vita è in tavola.

Derek Walcott

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Da “A/R Andata + Ritorno”

1)
-“..che dire, non metterti nei guai, ma se finisci nei guai fai in modo che chi ce l’ha con te finisca in guai ancora peggiori, ascolta tutti, ma attento a non parlare con gli infami, accetta i pareri degli altri, ma fatti sempre i cazzi tuoi. Oh è Amleto eh.”
-“Bello!”
-“La traduzione è mia!”
 
 
 
 
 
2)
-"Come ti senti?"
-"Come se mi fosse sceso il cervello nel culo!"
-"Ok, sicuramente ci sono dei lati positivi che ora mi sfuggono."
 
 
 
 

3)
-“E quant’è che ti serve?”
-“Venti mila, forse addirittura trenta mila, non ho ancora fatto il conto degli interessi.”
-“Eh, mi dispiace, non ce li ho. Fai una rapina, che ci vuole, no?! In una gioielleria, basta una siringa e si cagano sotto sti bastardi che non pagano le tasse. Poi che cazzo, sono anche assicurati.”
-“Sono sfottuto, papà, sono sfottuto.”
-“All’uscita di una scuola per ricchi ti porti via al volo un bambino, e chiedi il riscatto, pagano subito se gli dici che se no gli mozzi un orecchio.”
-“Si?! Non lo so mi sembra un po’ un casino, e poi in bici?”
-“Mi dispiace che sono qua dentro. (in carcere) Che cazzo, se fossi fuori sistemerei tutto io, te lo giuro sulla buonanima della nonna.”
-“Mmh, è ancora viva.”
-“Ti giuro su tutto quello che vuoi.”

 

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Questo è puro e semplice masochismo. Il calore aumenta, la testa gira, sudorazione a palla, ma sono sensazioni che provo di frequente. Ma che cazzo ho fatto?! Comunque va bene così, certe volte tornare indietro è inutile, so a cosa vado incontro, so dove vado, so con chi vado. Le risposte sono semplici: vado incontro ad un inverno freddo, vado a Lisbona, e vado da solo. E se non sarà Lisbona, sarà Padula, o qualunque altro posto sulla terra, ma da qualche parte dovrò andare. La compagnia è sempre quella, me stesso. E ultimamente non è che sia una compagnia così gradita. Ultimamente non ci sono compagnie gradite, se non a momenti, la voglia di solitudine aumenta giorno dopo giorno, mi fermo ad ascoltare i rumori, così seduto, con le mani tremanti, e i pensieri vanno, e io mi stacco anche da loro. L’irritazione aumenta. Le mie risposte nervose cadono come lame su chi tenta di starmi vicino, a modo suo, a uso e consumo suo, ma cerca di farlo. Per fortuna che ci sono dei posti dove rifugiarmi, ora in compagnia del Dottor Pereira, poi in compagnia di chissà chi. E leggo. E immagino di essere li dentro. E fuggo per qualche ora da tutto. La speranza è quella di trovare un luogo, nel mio cervello dove rifugiarmi, dove stare in pace, con la mia solita musica di sottofondo di quando mi isolo. E passano le giornate, e quando sono solo passano anche le nottate così, facendo finta di essere sempre allegro, mettendo la maschera di sempre. l’unica consolazione è che quando cadrò, perché cadrò, non trascinerò con me nessuno. Nessuno assisterà più alle manifestazioni del mio stare male. Ci sarò per tutti, ma solo nei momenti in cui sto di genio, perché così è giusto. E partirò, e finalmente, potrò stare in  pace, con mio sigaro, il mio bicchiere di Porto, su una panchina a guardare il mare, senza che nessuno si senta offeso da questo mio desiderio. Intanto oggi metto la maschera, esco e reggo io il gioco, oggi le regole le detto io. E questo per il momento basta. Oggi mi terrò impegnato. Non penserò più, per oggi, poi domani si vedrà. Domani le regole le farò sempre io, ma saranno regole valide solo per me. E anche domani partirò. So già dove andare. E per i prossimi giorni sogno una spiaggia, deserta, dove posso mettermi li, da solo, col Dottor Pereira, e sognare Lisbona.

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Da “Santa Maradona”

“E’ una persona che c’ha un sogno, che sta andando da una parte, e per realizzare sto sogno ha commesso un errore, ha fatto una stronzata, capita. Pensa che rottura di coglioni se era senza sogni, però correttissima, due palle, o no?! C’ha un cazzo di sogno nel cassetto, ma beata lei, ce l’avessi io, io non c’ho manco un cassetto dove infilarlo sto sogno.”

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Senza fiato – Negramaro

Sono riva di un fiume in piena
Senza fine mi copri e scopri
Come fossi un’altalena
Dondolando sui miei fianchi
Bianchi e stanchi, come te – che insegui me.
Scivolando tra i miei passi
Sono sassi dentro te – dentro me
Se non sei tu a muoverli
Come fossi niente
Come fossi acqua dentro acqua

Senza peso, senza fiato, senza affanno
Mi travolge e mi sconvolgi
Poi mi asciughi e scappi via
Tu ritorni poi mi bagni
E mi riasciughi e torni mia
Senza peso e senza fiato
Non son riva senza te

Tell me now
Tell me how am I supposed to live without you
Want you please tell me now
Tell me how am I supposed to live without you

Se brillando in silenzio resti accesa dentro me
Se bruciando e non morendo tu rivampi e accendi me
Stop burning me!
Dentro esplodi e fuori bruci
E ti consumi e scappi via
Stop burning me!

Mi annerisci e ti rilassi e mi consumi e torni mia
Stop burning me!
(Get out
Of my head
Get out
Of my head
Get out
Of my head
Get out
Of my head! Aaahhh)
Want you please tell me now
Tell me how am I supposed to live without you
No, please, don’t tell me now (touch me)
Tell me how am I supposed to live without you
No
Please
Don’t

 
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Aspetto.

Sono qui, qui dietro. Osservo tutto. Memorizzo ogni sguardo perso nel vuoto, ogni respiro, ogni sussulto, ogni movimento di ogni singolo muscolo. Io respiro calmo. Sono invisibile, sembro distratto. Sono un animale che punta da dietro un cespuglio. Un cespuglio fatto di indifferenza. Guardo attraverso le foglie. Sento l’odore di terra, di foglie, di pioggia, e intanto in bocca ho già il sapore di sangue. L’attacco è vicino. Aspetto prima una tua mossa. Fremo. E intanto cerco di nascondermi. Deve sembrare tutto normale. Sono freddo, sono deciso. Il mio scatto fulminerà la preda. Com’è già successo. Per oggi aspetto, sempre attento, ma aspetto. E mentre aspetto penso.

Penso a quanto la mia vita si diverta a cambiare velocità, a quanto io non riesca a stare al suo passo. Sono sempre o in anticipo o in ritardo. E quando ho l’illusione di poterla raggiungere, di poterla domare lei cambia passo. I momenti mi sfuggono dalle mani senza che riesco a goderli o controllarli. O sono io che corro verso il futuro e lei va piano o è lei che corre e io arranco, mi trascino, senza ossigeno. E se prima questi sbalzi erano meno frequenti e ogni volta avevo il tempo di riprendermi, ora arranco, boccheggio, come soffocato da una cravatta troppo stretta, da un cappio. E’ come correre all’impazzata e frenare di botto, e sbattere con la testa sul parabrazza o camminare lentamente e poi accelerare all’improvviso e restare schiacciati al sedile senza riuscire a respirare. Intanto aspetto.

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Piangi Roma – Baustelle feat. Valeria Golino

 
Mi manchi tu, la fantasia,
il cinema, l’estate indiana,
mi servi tu, un brivido,
il ghiaccio nel, campari soda.

Fumo un’altra sigaretta,
perché è facile buttarsi via,
respiro e scrivo,
tutto quello che mi manca
è un’assurda specie di preghiera,
che sembra quasi amore…

Piangi Roma, muori amore,
splendi sole, da far male.
ho già fatto le valigie,
ma rimango ad aspettare.

Ridi Roma, ridi amore,
dice il telegiornale,
che la fine si avvicina,
io m’invento un gran finale.

Mi manchi tu, la libertà,
tanti LP, Battisti e Mina,
mi servi tu, la malattia,
che spazza via, la razza umana.

Chiudo con le sigarette,
un ragazzo in strada scappa via,
e metto in lista
tutto quello che mi manca,
e mi sembra quasi una preghiera,
oppure folle amore.

Piangi Roma, muori amore,
tutto il bene che so dare,
come il sasso e la fontana,
si consuma, si consuma.

Ridi Roma, godi amore,
nonostante il temporale,
metto i panni ad asciugare,
piangi Roma, ti fa bene…

 
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Pacifico – Dove comincia tutto

 
Giù
dove comincia tutto
tra vecchie scatole e bicchieri rotti
Nei sottoscala, nelle condutture
tra macchie d’umido e screpolature

In fondo agli occhi, dietro la vetrata
lungo una strada ormai dimenticata
Per un passaggio, un vicolo segreto
fino all’inizio,
un po’ più indietro

Giù
dove si trova tutto
I tuoi singhiozzi, le sbucciature
I guanti fradici a scavar la neve
Un solo soffio per le candele

E mi han trovato i tuoi capelli neri
seduto in cima a quella scalinata
in quell’istante in cui si cambia forma,
in quell’istante in cui ti sei voltata

E andare a fondo prima di capire
abbandonarsi e non risalire
le braccia aperte senza un movimento
guardando in alto senza un lamento
E andare a fuoco prima di capire
e soffocare senza tossire
in una notte in cui non tira vento

Giù
dove comincia tutto
scantinati e cantieri aperti
lungo una scala arrampicata al buio
In fondo a un cesto di panni sporchi

Nell’incoscienza dei miei giorni felici
Nel tuo sorriso sparso in mille pezzi
Nelle parole che non vanno a dormire

E andare a fondo prima di capire
abbandonarsi e non risalire
senza uno sforzo ne un movimento
guardando in alto senza un lamento
E andare a fuoco prima di capire
e soffocare senza tossire
in questa notte che non gira il vento

Giù
dove sei sempre stato
prima di alzare intorno una montagna

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